IL PARADOSSO EPR
di Stefano Persio
1° Inquadramento concettuale
2° L'obiezione einsteiniana
3° Conclusioni
In questo articolo e' nostra intenzioni occuparci di uno dei piu' dibattuti Gedankenexperiment nel campo della Quantistica Meccanica (MQ). Nella trattazione che faremo sarà necessario utilizzare alcuni concetti matematici (taluni non proprio di base). In ogni caso l'essenza del ragionamento e' comprensibile a prescindere da essi. Se si vuole e' possibile approfondire gli oggetti utilizzati su testi di :
a) Geometria I : per le definizioni di spazio vettoriale, operatore , autovalore ed autovettore.
b) Analisi I & II : per il riferimento agli spazi di Hilbert e per avere un'idea di cosa sia la propagazione di un'onda..
c) Fisica I & II : per una teoria (elementare) applicata delle onde.
1° Inquadramento concettuale
Per analizzare in maniera corretta il paradosso EPR e' necessario avere almeno un'idea delle regole del gioco nel quale ci muoviamo. In particolare ci troviamo nel campo della MQ cosi' come e' regolata nell'interpretazione ortodossa (o di Copenhagen). Per essa valgono i seguenti postulati:
1) Lo stato di ogni sistema fisico e' rappresentato da un vettore di stato v che appartiene ad uno spazio di Hilbert
2) Ogni misurazione e' formalizzata attraverso un operatore Hermitiano A
3) Gli scalari che si ottengono dall'applicazione di un certo operatore A ad un insieme di elementi Vn (n
e N º insieme di indici) dello spazio di Hilbert X sono i corrispondenti autovalori An (ovvero i risultati della misurazione)4) L'evoluzione di un vettore di stato V nel tempo e' regolata dalla relazione :
evoluzione temporale
º V(t) = T(t) * V(0) essendo V(t) lo stato del sistema al tempo t genericoV(0) lo stato iniziale
T(t) l'operatore di evoluzione, anch'esso dipendente da t
5) Una serie di misurazioni A sul medesimo insieme di sistemi uguali S fornisce un risultato medio m (postulato che costituisce il nocciolo dell'interpretazione frequentista)
6) La misurazione A di u n certo sistema fisico definito dal vettore di stato V fornisce un certo risultato r che e' correlato all'insieme di autovalori corrispondenti alla coppia (A,V). All'atto stesso della misura V diviene r (il che si esprime dicendo che la funzione d'onda associata al sistema e' collassata ad uno scalare definito r).
Chiaramente dei precedenti punti l'ultimo e' quello più difficile da afferrare. In effetti il postulato (6) afferma che dato un certo esperimento esiste tutta una gamma (continua) di risultati possibili. Ad ogni risultato e' associata una certa probabilità di essere effettivamente rilevato. All'atto della misurazione questa incertezza probabilistica si risolve nella certezza di un numero ben determinato. L'osservazione del fenomeno diviene quindi parte fondamentale della medesima realtà che si vuol misurare. Inoltre la potabilità non nulla associata a certi esotici stati del sistema ci pone di fronte a situazioni concettualmente difficilmente interpretabili. Il tipo di dilemmi legati all'interpretazione probabilistica del mondo atomico e subatomico sembra svanire a scale macroscopiche. In effetti su "grandi" scale il comportamento dei sistemi fisici ricalca la descrizione deterministica classica. In particolare esiste un risultato teorico (Teorema di Ehenfest) che afferma che il "centro della distribuzione di probabilità " legata ad un certa grandezza osservabile propria di una particella si "muove" come un punto materiale classico nelle stesse condizioni. Il precedente risultato rende conto del Principio di Corrispondenza che possiamo vedere come una delle linee guida fondamentali nello sviluppo della MQ. In particolare questo principio afferma che deve esistere una corrispondenza formale delle relazioni che sovrintendono ai sistemi fisici macroscopici e quelle proprie della MQ. Seguendo questa linea situazioni particolari come l' Effetto Tunnel possono interpretarsi classicamente alla luce della teoria delle onde. Tuttavia e' necessario ricordare come la MQ si sia sviluppata sull'onda dei successi interpretativi della fisica dei quanti. Il mondo delle particelle e' quindi eternamente in bilico tra i due schemi interpretativi: corpuscolare ed ondulatorio. L'apparente problema sulla natura della materia e' ,a questo stadio, risolto dal Principio di Complementarità . Detto principio fonde due aspetti a prima vista incompatibili.
Una particella e' (per definizione) un oggetto localizzato nello spazio caratterizzato da grandezza quali impulso ed energia. Contrariamente un'onda e' nello spazio diffusa e le sue caratteristiche sono del tipo frequenza ed ampiezza.
Bohr propose di risolvere il problema con un radicale cambio paradigmatico sintetizzato dalle parole :
"...un fenomeno fisico non e' tale finche' non viene osservato"
"E' sbagliato pensare che il compito della fisica sia dire come la Natura e'.
La fisica verte su cio' che della natura possiamo dire."
Ecco quindi che , stante le sostanziali differenze di preparazione degli esperimenti, la decisione tra un modello interpretativo e l'altro e' compiuta all'atto stesso dell'osservazione. E' quindi la misurazione un nuovo ente che viene a far parte imprescindibilmente dello stesso fenomeno fisico sul quale si compie. Il particolare tipo di esperienza selezione tra onda e corpuscolo.
Cio' d'altronde riflette il carattere matematico di anticommutativita' che allo stesso Heisenberg (padre del principio di indeterminazione) sembrava assurdo pur scaturendo in maniera esplicita e rigorosa dalla sua stessa descrizione matematica. In ogni caso anche senza ricorrere all'algebra delle matrici di Heisenberg e semplicemente attraverso un esperimento di diffrazione e' possibile ricavare le relazioni di indeterminazione tempo-energia quantità di moto-posizione e con esse l'anticommutativita' dell'entrata in gioco delle grandezze osservate.
2° L'obiezione einsteiniana
Classicamente la posizione di Einstein in merito alla MQ (ed in particolare all'interpretazione che delle sue conseguenze dava Bohr) e' sintetizzata dalle sue stesse parole :
"Dio non gioca a dadi"
In particolare l'interpretazione probabilistica del mondo microscopico costituiva per Einstein la sostanziale dimostrazione dell'ignoranza umana nella comprensione della Natura. Solamente dalla limitatezza del pensiero umano nasceva la necessita' di dare una descrizione che prevedesse il caso. In realtà Einstein pensava che tutto il sensibile fosse soggetto al determinismo. Ogni aspetto naturale doveva poter essere descritto in maniera Newtoniana. Sostanzialmente l'universo doveva intendersi come un enorme meccanismo nel quale ogni ingranaggio era perfettamente controllabile, misurabile e prevedibile nei suoi futuri movimenti. Per dimostrare l'intrinseca incompletezza della MQ (ed in particolare nei suoi fondamenti legati al principio di indeterminazione ) Einstein scelse la via a lui consueta degli esperimenti concettuali. Uno di questi fu sviluppato insieme a Podol'skij e Rosen e presentato in Physical Review (47) del 1935.Oggi e' universalmente conosciuto come paradosso EPR.
Esso si basa essenzialmente sul Principio di Non Località . La posizione che Einstein aveva in merito al significato di una teoria fisica e' sintetizzata dalla sua convinzione di una realtà indipendente dall'osservatore. Chiaramente Bohr ed Einstein occupano due posizioni diametralmente opposte. Nell'articolo di cui ci occupiamo E.P.R. premettono i seguenti punti :
In particolare il gruppo EPR si sofferma sul Concetto di Separabilita' che (nell'accezione einsteiniana) significa garantire l'impossibilita' di influenza istantanea tra due sistemi fisici distanti conformemente a quanto enunciato nei principi della Teoria della Relatività Ristretta (TRR) in merito al Limite di Velocità .
Consideriamo due sistemi fisici S1 ed S2 che interagiscano tra di loro. Lo stato del sistemi complessivo S12 sara' descritto da un certo vettore di stato V12 la cui evoluzione temporale sara' regolata da un certo operatore di evoluzione T=T(t). Ora separiamo i due sistemi (spazialmente). Per Heisenberg sappiamo che non tutte le grandezze caratterizzanti i sistemi Si (i
e { 1,2} ) possono essere contemporaneamente specificate. Scegliamo quindi per ognuna delle coppie di variabili coniugate dal principio di indeterminazione (nelle sue varie forme) un rappresentante. Infine avremo una certa quantità di grandezze misurate ammettiamo per S1. Da queste informazioni e da, analoghe, osservazioni sul sistema S12 possiamo desumere l'intera funzione d'onda Y 2 di S2 dando un valore alle grandezze che venivano escluse dalle misurazioni fatte per S1. Tuttavia se avessimo deciso di specificare variabili diverse per S1 avremmo ricavato un diverso vettore di stato per S2. Poiché non possiamo accettare (ricordiamo le premesse di EPR) la possibilita' di influenze di S1 su S2 (a distanza) dobbiamo desumere da questa esperienza l'incompletezza (einsteiniana) della MQ.In maniera più spicciola il paradosso EPR può anche essere riassunto come segue.
Consideriamo un sistema a spin nullo e supponiamo che esso emetta due fotoni. Per quanto prevede la MQ lo spin dei fotoni può essere solamente (spin quantizzato) del tipo Spin su oppure Spin giù . Fin quando lo spin del fotone (come di ogni altra particella e qualsiasi sua grandezza caratteristica) non viene osservato direttamente il fotone esiste in una sovrapposizione di spin. Per ognuna delle ipotesi possibili e' assegnata una probabilità di osservazione. Se trascorso un tempo T dall'istante di emissione dei fotoni si osserva lo spin di uno dei due (diciamo spin su) poiché il momento di spin totale e' una grandezza conservata si e' contemporaneamente determinato (spin giù ) lo spin del secondo fotone.
La risposta di Bohr fu coerente con le sue posizioni precedenti per quanto ,tradizionalmente, non chiarisse definitivamente il problema. Egli fece notare come nell'esperimento EPR mancasse un'osservazione diretta dello stato di S2. In particolare il vettore di stato del secondo sistema veniva specificato per via teorica da EPR e non certo misurandone le grandezze caratteristiche. Mancava quindi la fondamentale misurazione diretta senza la quale ,per Bohr , il fenomeno fisico non poteva essere considerato tale. In maniera più precisa e' bene sottolineare che quando entrano in gioco grandezze dell'ordine di h (constante di Planck) allora e' necessario fare i conti con i disturbi implicati dall'osservazione diretta. In questo senso realtà ed osservatore non possono considerarsi completamente separati.
Per il fenomeno EPR sembrano possibili solamente le seguenti due ipotesi:
La seconda ipotesi diede il via a quelle che classicamente sono dette Teorie a Variabili Nascoste (TVN) (tra di esse e' sicuramente da ricordare quella elaborata da Bohm). In queste teorie la punta probabilistica dell'iceberg interpretativo quantistico emerge come ignoranza umana nella capacita' di descrizione della parte soggiacente dell'iceberg stesso e che riguarda proprio certe variabili (VN) che a noi sfuggono. Principalmente le formulazioni TVN precisano l'esistenza di VN Interne ed Esterne. Le prime sono legate alla struttura delle particelle. Le seconde rendono conto delle perturbazioni presenti nelle regioni abitate dalle particelle. Nelle TVN si fa generalmente l'ipotesi di località escludendo quindi fenomeni EPR a priori. Si deve a Bell l'importante teorema di selezione tra MQ e TVN. In particolare esso permette di discriminare tra esperimenti interpretabili tramite TVN e MQ. Il fatto notevole e' che finora (se si eccettuano i casi in cui l'apparecchiatura di laboratorio favoriva un determinano corso delle cose) le previsioni fatte dalla MQ si sono rivelate sempre in accordo con i risultati sperimentali. Ai risultati di Alain Aspect (Università di Parigi) si sono recentemente aggiunte ulteriori riprove dell'esattezza delle previsioni della MQ. A questo proposito illustriamo un esempio sperimentale tipico (dovuto a R.Y.Chiao , P.G. Kwiat , A.M. Steinberg). In questa esperienza si analizzano i percorsi intrapresi da due fotoni emessi per suddivisione da parte di un certo cristallo. Essi hanno la possibilità di scegliere una deviazione (interferometro) lungo un percorso imposto che li porta dalla sorgente alla destinazione lungo due strade separate. La scelta effettuata discrimina tra una strada più breve ed un altra meno diretta. I fotoni possono quindi uscire dai 2 interferometri attraverso 2 uscite distinte, che chiameremo destra e sinistra. Preliminarmente si e' osservato che la probabilità di uscire a destra oppure a sinistra sia la medesima per le due particelle. Intuitivamente si sarebbe portati a pensare che i risultati dell'osservazione siano del tutto casuali e che ,in particolare, non esistano relazioni tra l'uscita scelta dal fotone 1 e quella scelta dal fotone 2. Banalmente non e' cosi'. In effetti fissate determinate lunghezze della deviazione i 2 fotoni scelgono la medesima uscita. Oppure ,scegliendo altre lunghezze, le uscite sono sempre opposte. Il fatto che si possa passare (senza continuita') dal primo al secondo caso pone forti dubbi sull'idea che i due fotoni siano previamente correlati nella scelta. Infatti cio' equivarrebbe a dire che le due particelle sanno in anticipo il percorso che le aspetta. Dobbiamo concludere che , malgrado nessuno dei 2 fotoni sappia quale strada intraprenderà , una volta intrapresa esso conosce (non località ) istantaneamente la scelta del compagno. Per studiare le correlazioni suindicate si e' pensato di procedere al conteggio dei fotoni emergenti contemporaneamente dalla medesima uscita ed in coincidenza. Il conteggio in coincidenza equivale a richiedere che le particelle abbiano intrapreso il medesimo percorso , scegliendo entrambe la strada lunga oppure quella corta. Il caso di coincidenza e' interessante perche' da luogo ad interferenza , cosa che non accade se i percorsi fatti sono diversi essendo consequenzialmente differenti i tempi di uscita. Il fatto che queste due diverse "storie" possano coesistere implica per i due fotoni di aver percorso entrambe le vie possibili. Cio' evidentemente e' possibile solamente se i due fotoni sono stati emessi due volte , una per ogni strada possibile , e chiaramente in tempi diversi visto il differente percorso da effettuare. Dall'analisi delle frange di interferenza che si osservano alla destinazione si rileva un "contrasto" superiore al 71% (in effetti vicino al 90%). Questo dato può essere utilizzato dal Teorema di Bell per dimostrare che un tale effetto non può essere descritto da una qualsivoglia teoria del tipo TVN. Malgrado cio' questo esperimento (insieme agli altri condotti con metodologie diverse ed a sostegno dell'interpretazione della MQ) non contraddice la TRG. La contraddizione esisterebbe solamente nel caso in cui si potesse decidere a priori la scelta (destra , sinistra) effettuata dall'un fotone o dell'altro. Nell'esperimento semplificato dello spin ciò significherebbe determinare prima dell'emissione fotonica lo spin di un fotone in modo tale che si abbia la determinazione dello spin per la seconda particella a distanza con un trasporto d'informazione superluminale. Ma (purtroppo , per fortuna ?) cosi' non e'. La scelta che il fotone 1 effettua e' del tutto casuale (nel senso che non e' prevedibile stante le conoscenze che abbiamo) e conseguentemente non vi e' alcun trasporto di informazione possibile.
3° Conclusioni
Il paradosso EPR (che come si e' visto nasce essenzialmente da una scorretta interpretazione della MQ) mette in luce un aspetto importante. Come coniugare la MQ con una visione maggiormente vicina al senso comune della fisica ? Dobbiamo definitivamente rinunciare ad un simile progetto oppure e' ancora il caso di lavorare per far si che la nostra visione del mondo non sia solamente algoritmica ?. E' evidente allo stato attuale che la visione fornita dalla MQ e della TRG si basano la prima sulla non località e la seconda sulla separabilita'. Poiché entrambi i sistemi sono utilizzati nel lavoro dai fisici e' evidente la necessita' di coniugarli in qualche modo. Il dibattito "Einstein vs Bohr" e' stimolante non solo perche' ci fa assistere allo scontro intellettuale tra due padri delle fisica moderna; ma anche perche' riassume i fondamenti delle principali visioni interpretative della natura. E' auspicabile che dette diverse posizioni possano fondersi e migliorarsi in una formulazione che ci aiuti a capire maggiormente i misteri della Natura. Ma in quale modo ?
BIBLIOGRAFIA
"Fisica Superiore" di F. de Notaristefani
"La Sintesi einsteiniana" di M.. Born
"Il Paradosso della Realtà Fisica" di G. Tarozzi
"La Luna di Einstein" di D. Lindley
"La Causalità Impossibile" di F. Selleri