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Antico graffito ritrovato in Norvegia |
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Non è facile stabilire con precisione le origini degli sci, di
certo c'è solo che fanno parte della storia dei popoli nordici
dalla notte dei tempi. Le prime testimonianze certe di attrezzi
simili agli sci, usati come mezzi di locomozione, si devono a
ritrovamenti fossili risalenti a più di 2500 anni A.C. in Siberia, Scandinavia e Lapponia. Nell'isola di Rodoy, in Norvegia, è stata
rinvenuta una splendida incisione rupestre, databile intorno a
4000 anni fa, che rappresenta una figura umana con ai piedi degli
inconfondibili sci. Nel IV secolo a.C. Erodoto, nelle Historiae,
parla di popoli dell’Asia minore con “scarpe di legno”
per spostarsi sulla neve. Avvicinandosi ai tempi nostri, troviamo
una descrizione sull'uso degli sci nella Historia de gentibus septentrionalibus scritta da Olaus
Magnus, arcivescovo di Uppsala e plenipotenziario del re di Svezia
presso la Santa Sede, tradotta dal latino e pubblicata nel 1565.
La descrizione, non del tutto precisa, diede modo a Papa Paolo
III di definirli "strumenti del demonio". Vengono descritti
come “zoccoli di legno e lunghi e in punta ritorti
all’insù a guisa d’arco”. Cesare Vecellio,
pittore, scrittore e decoratore, cugino del pittore Tiziano,
pubblicò in quegli stessi anni un'opera sugli usi e costumi
dei popoli della Terra ("Degli abiti antichi e moderni di
diversi parti del mondo" Cesare Vecellio, Venezia
- 1590) nel quale dà una descrizione, basata su notizie
di seconda mano, degli scandinavi con questi improbabili zoccoli
ai piedi. Sempre in quegli anni Gustav Eriksson Vasa, prigioniero
dei danesi durante l'invasione della Svezia, riuscì a fuggire
con gli sci, ritornò in patria dove organizzò la sommossa che
diede il via alla guerra di liberazione svedese. Vasa divenne
poi re di Svezia con il nome di Gustavo I. In memoria della
sua impresa nel 1922 nacque la Vasaloppet, gara di granfondo
che si snoda lungo il tragitto di 90 km da lui compiuto durante
la fuga. Pare che il primo italiano a calzare gli sci sia stato
il prelato Francesco Negri, ravennate, durante un avventuroso
viaggio in Lapponia nella seconda metà del XV secolo, nel quale
raggiunse Capo Nord. Egli ne parla diffusamente nel suo libro
"Viaggio settentrionale", pubblicato postumo agli inizi del
1700: "Due tavolette sottili, che non eccedono in larghezza
il piede, lunghe otto o nove palme, con la punta alquanto rilevata
per non intaccar la neve". Dopo di lui bisogna attendere parecchio
tempo per trovare altre notizie di sciatori italiani. Nel 1886
Edoardo Martinori, di ritorno da un viaggio in Lapponia, portò
in Italia un paio di sci, che restarono però solo una curiosità
esotica.
Nel 1888 ebbe grande eco in Europa l'avventura di Fridtjof Nansen,
grande scienziato ed e esploratore norvegese, che attraversò la
Groenlandia con gli sci percorrendo circa 500 chilometri da Umivik
a Godthaab, salendo su vette alte fino a 2700 metri. La diffusione
della sua opera, "Paa ski over Groenlandia" (Con gli sci attraverso
la Groenlandia - 1890), fece scoprire l'utilità di quegli strani
pezzi di legno per spostarsi sulla neve e contribuì notevolmente
a diffonderne la pratica.
Il "museo dello sci" di Oslo conserva ancora l'attrezzatura originale
usata da Nansen. L'ingegnere e cartografo svizzero Marcel Kurz
(1887-1967), ottimo alpinista e sciatore, fu uno dei precursori
dello sci-alpinismo sulle Alpi. Ne illustrò esaurientemente la
tecnica e descrisse le sue escursioni in diverse opere, una delle
quali, Alpinismo Invernale, pubblicato in Italia nel 1928, è stato
recentemente ristampato dalla casa editrice Vivalda.
Nel 1890 giunse a Torino per lavoro l'ingegnere svizzero Adolf
Kind, alpinista e sciatore, portando con sé un paio di sci di
frassino. Le sue evoluzioni sulla neve entusiasmarono gli amici
che ne seguirono ben presto l'esempio e, dopo averne imparati
i rudimenti, sperimentarono le prime vere escursioni in montagna.
Dalla prima salita al Monte Cugno, che diverrà una classica del
tempo, alla salite al Colle Bione, alla Carra Saettiva e alla
Roccia Corba.Per merito di quegli ardimentosi pionieri, nel 1901
nacque il primo sci club Italiano, lo Ski Club Torino, il cui
atto di nascita fu pubblicato nella rivista del CAI, sostituito
pochi anni più tardi dalla Federazione Italiana dello Sci (FIS),
diventata in seguito Federazione Italiana Sport Invernali,
fondata a Milano da Alberto Bonacossa, che ne fu anche il primo
presidente. Nel 1902 l'allora Ministro della Guerra Generale Giuseppe
Ottolenghi, con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ,
decise di formare alcuni reparti di sciatori da inserire nei reggimenti
alpini, che furono utilizzati nella Prima Guerra Mondiale e che
contribuirono non poco alla diffusione della pratica dello sci
di fondo.
Alla fine del 1800 fu introdotto l'uso dei bastoncini, che diedero
vita alla tecnica detta del passo alternato,
unica tecnica fondamentale dello sci da fondo fino all'avvento
del rivoluzionario passo pattinato (skating), sperimentato dal finnico
Siitonen. Fu l'americano Bill Kock ad adottarlo per la prima volta
alle Olimpiadi, nel 1976 a Seefeld in Austria, dove si piazzò
secondo. Proprio in quegli anni comparvero i primi sci da fondo
in materiale sintetico: il minor attrito di questi nuovi materiali
portò un enorme miglioramento delle prestazioni e della velocità
su piste sempre più larghe, battute e levigate. Lo sci da fondo
però, perfetto per le enormi distese scandinave, non era l'ideale
per le ripide discese alpine. Nella seconda metà del 1800, Sondre
Norheim, un falegname norvegese della regione Telemark,
cominciò a sperimentare vari sistemi di curva e frenata usando
un unico bastone ed attacchi con il tallone libero. La frenata
era quella dei saltatori nordici per arrestare la corsa dopo il
salto. Nel Telemark si avanza lo sci esterno assumendo la tipica
posizione inginocchiata. In quegli anni era la tecnica migliore
per l'attrezzatura disponibile. Il tallone libero permetteva una
grande libertà di movimento sia in pianura che in salita, ma in
discesa lo sciatore era piuttosto instabile: la virata "Telemark"
consentiva di affrontare discese più ripide in neve fresca e profonda
in sicurezza.
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Val Gardena 1938 |
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I movimenti erano molto eleganti e belli ad vedere.ll Telemark
fu soppiantato negli anni '20 dalla tecnica detta Cristiania,
dal nome della regione di Oslo in cui si sviluppò. Grazie a nuovi
attacchi che bloccavano il tallone, le curve erano ora condotte
con gli sci paralleli. Era nato quello che oggi noi chiamiamo
sci alpino. L'evoluzione dello
sci alpino è legata strettamente all'evoluzione dei materiali:
i vecchi scarponi di cuoio con le stringhe sono stati sostituiti
via via con calzature sempre più tecniche, che bloccano la caviglia
permettendo un perfetto controllo degli sci. Gli sci si sono accorciati
ed alleggeriti, i materiali sempre più sofisticati hanno consentito
attrezzi sempre più facili da manovrare. Il Telemark pareva ormai
una tecnica superata, invece negli anni '70 in Colorado ci si
rese conto che essa era perfetta per lo sci escursionismo: permetteva
infatti di avere stabilità anche in discesa, punto dolente di
ogni sci escursionista. Inoltre ci si rese conto che, con la stessa
attrezzatura, si poteva fare fondo, discesa, sci alpinismo e camminare
comodamente. Nel 1983 il telemark fu riproposto, con materiali
moderni quali sci sciancrati, scarponi di plastica, attacchi regolabili,
dai maestri americani in Europa e in Italia, dando un nuovo impulso
a questa splendida disciplina sportiva.
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