L'arco
è sicuramente ai primi posti nella classifica delle in-
venzioni dell' uomo. Pensato ed elaborato in tempi diversi
e indipendenti, sconosciuto agli aborigeni australiani e poline
siani nonchè in tutta la zona della Micronesia, è invece
no-
to in tutto il resto del globo. Il primo arco appare in una rap-
presentazione graffitica di trentamila
anni fa e, ovun-
que nel mondo, se ne ritrovano vestigia sotto forma
di disegni e punte di freccia. Si può affermare che l'uomo sin dal
Paleolitico conosceva, grazie a questa arma, il sistema di colpire la preda
a distanza di sicurezza.
Per saperne di più:
Knappers
Anonymous e
Native Way
L' Occidente
basa la sua cultura in epoche non
eccessivamente remote se paragonate ad altre zone
e civiltà del passato. Infatti, quando l'Europa
era ancora abitata da popolazioni selvagge,
la Cina si trovava già a livelli altissimi
di specializzazione. Confucio esponeva
gli aspetti filosofici connessi all'arcieria
e, nel duemila a.C. , l'arcieria era parte delle arti da guerra
cinesi e "compagnie" di arcieri erano integrate nell'esercito.
Quindi, mentre l'Europa segnava il passo, in Oriente ed in Africa si raggiungevano
livelli di abilità e di equi-
paggiamento che solo da pochi decenni
noi abbiamo raggiunto.
Nei
tempi biblici esistevano già archi metallici o composti da
ma-
teriali diversi ed è grazie ad essi che le cronache
egizie parlano di imprese incredibili, quali una
spedizione di caccia all'elefante che riportò un bottino
di 120 ani-
mali. Quanto gli antichi Egizi amassero i loro
archi viene dimo-
strato dal Faraone Tutankamon il quale ordinò
che i suoi ventisette archi l'accompagnassero nella tomba.
Non
dimentichiamo poi la grande abilità degli arcieri mongoli
e giapponesi che erano in grado di centrare il bersaglio scoccando frecce
dalla groppa di un cavallo
al galoppo.
In un mondo che non conosceva gli odierni
mezzi di locomozione, spostarsi a cavallo era indispensabile. La simbiosi
tra arciere e cavallerizzo era d'obbligo: basti ricordare le
orde selvagge di Sciti, Babilonesi, Assiri, Persiani e Parti, armate di
archi corti e potenti.
Sino alla fine del secolo scorso, un' altra popolazione d' origine mongola, i Pellirosse, andava a caccia con metodi molto simili a quelli dei loro lontani cugini riuscendo ad abbattere bufali e bisonti. Si racconta di cacciatori in grado di scagliare una freccia con tanta forza da farla penetrare per tutta la sua lunghezza nel corpo dell'animale.
In
Europa la storia dell'arcieria è di marchio inglese. In Inghilterra
l'arco venne probabil-
mente introdotto dai danesi e, inizialmente, si diffuse nel Galles. Le
cronache del tempo nar-
rano di schiaccianti vittorie dei Gallesi
sui Sassoni, proprio in virtù dell'arco da essi usato. L'arco gallese
era corto e pesante, ma la sua potenza formidabile: le frecce potevano
trapassare una porta di quercia dello spessore di 6 cm .
Dopo
la conquista normanna l'arco gallese venne
adottato in tutta l'isola anche se modificato nella
forma (meno tozza ) e nella lunghezza ( m. 2,10 ) :
da qui l'appellativo di 'long-bow' o arco lungo. Il
long-bow era usato comunemente dalla classe po-
vera in quanto era meno costoso attrezzarsi con un
arco ed una faretra piuttosto che con cavalli, arma-
ture e bardature. Fu appunto questa parte di popo-
lazione (denominata "liberi uomini d'Inghilterra"),
che componeva le Compagnie di arcieri, a sconfig-
gere la cavalleria francese nelle battaglie di Crècy
(1346) e Poitiers (1356).
Con
l'avvento delle armi da fuoco (archibugi e bom-
barde) iniziò un graduale declino nell'uso dell' arco:
arco e frecce uscirono dalla scena bellica verso la fi-
ne del secolo diciasettesimo cedendo definitivamente
il passo alle armi da fuoco.
da "Il tiro con l'arco" di Mario Vatrini