Tre ragazzi
californiani uniti dalla passione per il surf vedono a poco a poco le loro
strade separarsi.
Due si sposeranno,
e uno di loro viene spedito in Vietnam non essendo ricorso a trucchi e
stratagemmi come gli altri per evitare la guerra.
Si ritrovano
qualche anno dopo, in occasione della più grande mareggiata mai
vista.
Con i loro
surf entreranno nel mito, ma forse non si ritroveranno mai più.
È
una rievocazione nostalgica degli anni sessanta, e il racconto della fine
dell'amicizia, in tono molto romantico.
Il film trova
proprio la sua forza nella semplicità del tema principale.
Le spettacolari
riprese acquatiche non sono state superate neanche da "Point Break".
L A SCENA
PIÙ BELLA arriva verso la fine del film, quando Matt, il più
fragile e randagio del gruppo, decide di affrontare il mare con la sua
tavola da surf. Non è una giornata qualsiasi. È in corso
la più violenta mareggiata che memoria ricordi, il mare si gonfia
minaccioso, il cielo è carico di pioggia, il vento polverizza la
cresta delle onde. Matt le cerca, le onde, le cavalca, le sfiora con la
mano.
Centinaia
di ragazzi, sulla costa, lo stanno a guardare. Oddio cade, no, è
ancora in piedi e ora che fa? Vuole ammazzarsi, è ammattito? Sì,
Matt sa che non è una giornata qualsiasi. Eccolo che scende da un'onda
come un gabbiano in picchiata e continua a scendere mentre l'acqua lo minaccia
alle spalle, come un muro che si flette, che si curva a mo' di tunnel e
che sta per chiudersi definitivamente sopra di lui.
La cinepresa
è lì, sobbalza, registra tutti i movimenti e noi siamo con
lui sul surf, vediamo i suoi muscoli che si tendono, i piedi attaccati
alla tavola. È una questione di secondi ma l'onda non ce la fa a
schiacciare Matt. Ha vinto lui, noi tiriamo il fiato. Non è un giorno
qualsiasi. È un mercoledì di fine estate del '74, in una
California ancora selvaggia in cui riecheggiano le note dei Beach Boys.
Un mercoledì da leoni. «Hai fatto la cosa più eccezionale
che io abbia mai visto», gli dice un giovane ammiratore. E Matt gli
regala la sua «tavola da stiro», il suo surf. Non ha più
prove da superare, ormai è un uomo, ha già qualche capello
bianco, può prepararsi a «pagare le tasse e a rientrare nella
normalità».
Ma Matt ce
l'ha fatta perché non era solo. Quel giorno, ad aspettarlo, sulla
spiaggia, c'erano Jack e Leroy, i suoi amici. Insieme si erano sbronzati,
insieme si erano divertiti con le ragazze, insieme avevano attraversato
gli anni del Vietnam, chi andando al fronte, chi marcando visita in modo
geniale come Leroy. Ora non si vedevano da una vita. Si erano lasciati
sapendo che prima o poi la grande mareggiata, quella che tutti aspettavano,
sarebbe arrivata e quel giorno, senza cercarsi, si sarebbero ritrovati.
Mercoledì
da Leoni di John Milius non è un film qualsiasi. È un film
sul surf, sul mare, su una gioventù che perde l'innocenza e la ritrova
nella maturità. Ma ancor di più è un film sull'amicizia
maschile. Un'amicizia senza equivoci, senza parole, senza confidenze.
Matt, Jack
e Leroy non hanno nulla in comune tranne la passione per il surf. Non parlano
mai di loro eppure sentono di appartenere l'uno all'altro perché
tutti appartengono al mare. Attraverso il mare anche il vecchio Bear, una
sorta di marinaio senza nave, un personaggio che sembra essere uscito dalle
pagine di Conrad, riesce a comunicare con loro. È Bear a preparare
la tavola che permetterà a Matt di affrontare la grande mareggiata,
il quale diventerà maturo quando uscirà da quel tunnel d'acqua,
impalpabile e pesante come a volte può essere la vita.