tratto da "Giuseppe Samonà - 1923/1975 Cinquant'anni di architettura"


Anni fa la rivista "Ulm" 8/9, ponendo il quesito: Ist das Bauhaus aktuell?, provocò un utile scontro di opinioni sugli indirizzi didattici di Weimar-Dessau-Berlin 1913-33. L'anno successivo a quello in questione, l'Université de Saint-Etienne indisseBruno Zevi un seminario sul tema: Etude critique de l'influence du Bauhaus sur l'architecture contemporaine; fu prevista anche una relazione sull'Istituto universitario di architettura che, dal 1948 al 1963, miniaturizzò a Venezia la stagione gloriosa dell'officina guidata da Gropius.

Il fondamentale, inestimabile merito di Samonà consisté nell'offrire un rifugio agli ostracizzati, agli eretici, agli esclusi, a quanti era stato impedito di esplicare la propria vocazione nelle facoltà dominate dai fascisti. Stranieri in patri, nella tetra sedi di San Trovaso, erano già Carlo Scarpa e Mario De Luigi. Io vi approdai nel 1948, Luigi Piccinato giunse dopo pochi mesi, poi Franco Albini, Ignazio Gardella, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Giovanni Astengo, Giancarlo De Carlo ed innumeri altri profughi; un quindicennio di asilo politico-culturale, conclusosi soltanto con il parziale affrancamento delle scuole di Roma, Milano e Torino dall'ipoteca accademica.

Esule, in sostanza, era lo stesso Samonà. Nè volle mai ricusare questo connotato, carta d'identità per l'operazione di recupero che programmò subito dopo la fine della guerra e seppe attuare con estrema tenacia e coerenza in due tempi: prima, calamitanto nell'università i migliori esponenti del periodo razionalista, i compagni di Terragni, Persico e Pagano; più tardi accelerando l'iter dei giovani che a Venezia trovarono un efficiente trampolino di lancio. Va ricordato che la "chiamata" alla cattedra di ruolo siglò soltanto l'ultima tappa di una lunga serie di interventi, sempre stimolati dal Samonà: Gardella e De Carlo, ingegneri, si laurearono in architettura a San Trovaso; tutti ottenemmo la libera docenza e poi fummo "ternati" col suo appoggio pressante. In breve, se Gropius, nel 1918 promosse un concorso per "architetti sconosciuti", Samonà ne ripeté l'esempio a favore degli "scomunicati", in un ambiente più ristrettivo ma anche più difficile e burocratizzato.

L'avevo incontrato pochi giorni dopo la liberazione di Roma, quando, appena tornato in Italia, mi recai a visitare Enrico Calandra, l'unico professore di cui conservavo grata memoria. Lo rividi a distanza di qualche mese. Erano già usciti i primi numeri di "Metron" e l'Associazione per l'architettura Organica svolgeva un'appassionata azione di rinnovamento. Ci disse: "sono con voi". Venne all'Apao, nell'attico del Palazzo del Drago in via Quattro Fontane, per annunciarci che era imminente la ripresa delle libere docenze. Pochissimi fra noi pensavano allora all'università dove nulla sembrava cambiato, tanto da ritenere impossibile accedervi senza pesanti compromessi. Ci persuase del contrario con la sua consueta, trascinante veemenza. Avendo letto il mio primo saggio, pubblicato da Eiunaudi nel 1945, m'investì con particolare vigore: giudicava erroneo e rinunciatario il proposito di incidere culturalmente, sul modello di Croce, fuori delle istituzioni ufficiali.

Venezia 1948-49. Come neoincaricato del corso di storia dell'architettura, svolsi la prolusione sul tema: A quarant'anni dalla morte di Franz Wickhoff. Gli obiettivi del discorso erano tre: commemorare il grande storico viennese; demolire, attraverso la sua testimonianza, le interpretazioni retoriche, classiciste, monumentalistiche che il fascismo aveva dato dell'architettura romana; soprattutto, evidenziare come Wickhoff avesse potuto scoprire l'originalità del tardo-antico sulla base di una sensibilità coltivata nell'ascolto degli impressionisti. Questo era il punto chiave, la ragione che mi aveva spinto a dedicarmi agli studi, reprimendo il desiderio di fare l'architetto: non si poteva vertebrare il movimento moderno senza aver condotto un riesame eversivo e radicale del passato.

In quegli anni, le discussioni con Samonà si prolungavano per intere nottate. Insistevano generalmente sul Bauhaus, Sui motivi del suo fallimento, sulla necessità di evitarne la replica a Venezia. Diagnosi ormai nota: l'usura del centro di Dessau era stata determinata, più che dal cozzo tra gli espressionisti e De Stijl, dalla mancanza di un aggiornato insegniamento storico-linguistico.

Problema globale: si trattava di storicizzare la motodologia della progettazione, collegando lo scavo scientifico sull'antico, snebbiato dall'ottica tradizionalista, al lavoro sui tavoli da disegno. Per quindici anni, propugnai questa tesi. Ne è prova il fatto che, lasciata Venezia nel '63, tenni a Roma una prolusione intitolata: La storia come metodoligia del fare architettonico.

Samonà condivideva tale orientamento, e favorì vari fecondi tentativi di riforma, che attuammo, in tal senso, nell'ambito del Biennio. Ma era uno spirito troppo liberale, aperto, generoso, ricettivo, per imporre o sia pure formulare una precisa concezione didattica. Simile atteggiamento risultava estraneo alla sua natura: egli catalizzava i contributi vitali di qualsiasi provenienza e ne rispettava l'autonomia, schivando un confronto; sentiva l'urgenza continua, febbrile, di arricchire la scuola con nuovi apporti, fidando che la compresenza di molteplici intelligenze sarebbe sfociata, per dissonanze di altissimo livello, in una ricerca orchestrata. Questa temperie veniva corroborata dalla sua personalità artistica, tesa alla sperimentazione, immune da purismi, anzi compiaciuta di intrecci e contaminazioni. Il magnifico progetto per il Crystal Palace a Londra, la wrightiana villa Scimeni a Mondello, l'ospedale di Bari, il blocco Ina a Treviso attestano, in quel periodo, un'instancabile indagine su fonti e parametri, registrata nel resto anche nei numerosi scritti su Le Corbusier, Mies, Wright nel 1951 in un'atmosfera leggendaria, e i cosrsi estivi del CIAM; su quello nazionale, la mostra di Biagio Rossetti a Ferrara nel 1956 e la preparazione delle celebrazioni per il quarto centenario della morte di Michelangiolo, iniziate sin dal 1961 e culminate nel '64 a Roma.




 

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