questa volta il
fuoco
-Pronti...-
Boom cha, uno, due. Avete presente l'odore che
aleggia di solito nei treni? Quell'odore che sembra
portare sopra impresso il timbro delle vecchie
ferrovie -effeffe essesse- come le tendine grigie
con le righine rosse, o le finte litografie delle
più belle città italiane. Ferrara.
Siena. I sassi di Matera. E' quest'odore la prima
cosa che mi colpisce entrando dentro lo
scompartimento del treno diretto a Roma.
-OK, ci sediamo qui, nel senso di marcia vicino
al finestrino. Lucia, dammi la borsa che la metto
su... ho un sonno che dove mi appoggio
schianto.
-Se vuoi dormire buttati giù adesso, che
tra un po' qui sarà un casino e il viaggio
è lungo e le voci una sopra l'altra.
Peggio che in un film di Altman.
Partirono in due e erano abbastanza, ma bomba o
non bomba, noi arriveremo a Roma.
-Marco, Roberto, Andrea, Tommy, mettetevi qui,
sedetevi qui. Occupiamo tutto lo
scompartimento.
Parte il treno. Dal finestrino vedo sfilare le
case, nel buio.
La Palombella.
La piccola Stalingrado, è così che
la chiamano. Questo è il quartiere popolare
più popolare di Ancona. Qui nel dopoguerra
per mangiare andavano a pescare con le granate
degli alleati. Andavano al largo con le barche da
pesca, poi le innescavano e le gettavano in mare.
Boom. Dopo l'esplosione raccoglievano i pesci morti
che risalivano a galla. Ce n'era per tutti, anche
per chi non c'aveva le barche. A volte qualcuno ci
rimetteva qualche dito, se non addirittura una
mano, ma dopo la guerra nessun problema sembrava
irrisolvibile.
La Palombella, un quartiere di gente vera,
questo, originali come i jeans americani.
E' da qui che partiamo per questo viaggio. La
Palombella e la notte e la frana e case così
silenziose, quasi coperte da una
tranquillità inviolabile, fuori. Il kaos
è dentro il treno.
Sono le quattro e mezzo di sabato mattina. Di
solito a quest'ora sono ancora in giro a mangiare
le bombe alla crema calde, prima di andare a
dormire. Entriamo nel bar Dante, lungo la statale.
A pochi passi da noi le macchine dei poliziotti,
qui dentro non ci mettono piede: non è cosa
per loro. Ci dirigiamo dalla signora Nirvana e le
diciamo "Buonanotte". E lei ogni volta ci risponde
"Buongiorno, non buonanotte", come in una
pantomima. Tutte le volte che prendiamo le nostre
bombe calde alla crema.
Oggi invece andiamo a Roma, io e la mia gente,
per la più grande manifestazione politica
del dopoguerra, dicono i giornali. Si parla sempre
di bombe, ma senza crema.
Jesi, stazione di Jesi.
-Yo boyz e sisters, questi sono i biglietti del
treno, ma chi ancora deve pagare le dieci carte
è pregato di farlo subito. Adesso. Cagate i
soldi, avanti. Sulla mia mano. E mi raccomando, per
il ritorno fatevi trovare tutti alla stazione
Termini alle quindici, quindici e trenta massimo.
Sennò sono cazzi acidi, che uomo avvisato...
me intiende..-, ci dice il rappresentante dei
sindacati in tono sindacale.
-Che vada a cagare...-, dice Pino.
Lo chiamano così perché è
secco secco e ha il naso lungo come il burattino di
Collodi. Quando era piccolo giocava come portiere
nelle partitelle tra amici che si facevano in
strada. Una volta è andato a sbattere la
faccia contro la pila di mattoni che serviva da
palo della porta spartana e si è rotto il
setto nasale. Da quel giorno è diventato
Pino, il rancoroso. Nessuno si ricorda più
il suo vero nome.
Non parla sottovoce quando manda a fare in culo
il rappresentante dei sindacati.
-Che non si creda di trattarci come cacche solo
perché ci pagano quasi tutto il viaggio in
treno. Io lavoro e il viaggio in treno me lo potevo
pure pagare da solo-, dice.
-Vadaffanculo lui e i suoi boyz con la
zeta...
Rewind. Le tre di notte. Io sto steso sul letto,
giusto per disfarlo, sennò chi la sente mia
madre che grida:
-Ma come vivi? Neanche a dormire sei venuto?- e
allora, per evitare il disastro, sto steso su 'sto
letto e mi rigiro e guardo la radiosveglia e sono
le tre e mezzo e mi alzo, prendo lo zainetto, ci
metto dentro i panini, le birre e quanto serve.
Mi guardo allo specchio e faccio la faccia da
duro, tipo Robert De Niro in Taxi driver.
-Hai detto a me? Hei, dico, hai detto a me?-
Dai, Travis, è tardi. E' ora di
andare.
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